Coppie di fatto. E’ possibile ottenere il risarcimento del danno per rottura unilaterale del rapporto di convivenza?

A differenza del matrimonio, nella convivenza di fatto , non si ravvisa un obbligo di prosecuzione del rapporto. Non essendo applicabile, l’art. 143 c.c. (diritti e doveri dei coniugi), non sarebbe neppure possibile tutelare il convivente abbandonato ai sensi dell’art. 156 c.c., previsto solo per il caso di matrimonio.

La soluzione, tuttavia, è troppo formalistica e non appagante. Soprattutto perché non tiene conto della sempre maggiore rilevanza delle coppie di fatto, fenomeno sociale che è ha in parte cambiato ed è destinato ancor più a cambiare le regole del diritto, e della sempre maggiore stabilità del vincolo di convivenza tra coppie di fatto.

Per alcuni l’art. 129 c.c., che attribuisce al giudice il potere – in caso di matrimonio putativo – di disporre a carico di uno dei due soggetti l’obbligo di corrispondere somme di denaro a favore dell’altro quando quest’ultimo non abbia adeguati redditi, potrebbe offrire una soluzione, essendo sostanzialmente equiparabili le due situazioni, quella del matrimonio putativo e quella della convivenza. Altri autori hanno ravvisato invece nell’art. 80 c.c. (pregiudizi derivanti da una rottura ingiustificata della promessa di matrimonio) la possibile soluzione.

La giurisprudenza è, al momento, sulla negativa. In sostanza si afferma che chi ha deciso di convivere e di non sposarsi ha fatto una scelta di libertà da vincoli e, di conseguenza, non può pretendere una tutela laddove, quel vincolo che non ha voluto formalizzare nel matrimonio, venga meno per scelta repentina, ingiustificata ed unilaterale dell’altro convivente. Insomma: non esistendo un dovere giuridico di assistenza in costanza di un rapporto di convivenza non può configurarsi un dovere di tal genere alla fine del rapporto stesso.

Le soluzioni prospettate, quella negativa tout court e quelle che cercano, con indubitabili forzature, di applicare per analogia norme dettate per altri casi, non soddisfano appieno.

 

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In realtà, il riconoscimento della coppia di fatto come centro di imputazione di diritti e doveri è un percorso che, se non può dirsi certo compiuto, ha compiuto, negli ultimi tempi, molti passi in avanti.

Citavamo, di recente, la sentenza della Corte di Giustizia Europea sul diritto del convivente al congedo matrimoniale. Ma molti altri segnali provengono anche dal nostro ordinamento interno, il più recente, ad esempio, è la prossima istituzione dei Patti di Convivenza.

La coppia di fatto è dunque una entità che non solo non può essere ignorata e trattata a livello di mera entità rilevante solo ai fini del riconoscimento di alcune provvidenze economiche o assistenziali, quasi fosse un corpo estraneo, destinato principalmente alla “autoregolamentazione” di tipo contrattuale; la coppia di fatto è un aspetto imprescindibile della vita sociale ed è espressione di un valore costituzionale quale è quello della solidarietà, principio la cui violazione può essere fonte di responsabilità civile.

In questo, forse, va ravvisato il fondamento per un’azione risarcitoria in favore del convivente che abbia subito la rottura unilaterale del rapporto.

Naturalmente spetterà al giudice stabilire se quel determinato rapporto di fatto e le modalità della sua rottura, ad opera di uno dei due conviventi, siano o meno degni di tutela risarcitoria. Nel fare una tale valutazione il giudice dovrà considerare oltre alla durata della convivenza, l’intensità del rapporto tra i conviventi, i loro rapporti economici, le modalità del vulnus arrecato da uno dei due al rapporto di convivenza. La strada è però segnata!

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