Gli ascendenti sono legittimati a promuovere un giudizio per far valere il loro diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. Questo importante riconoscimento è stato introdotto, come noto, grazie all’art. 317 bis c.c. a sua volta introdotto dall’art. 42 del d.lgs. 28 dicembre 2013 n. 154, con attribuzione della competenza a conoscere della domanda degli ascendenti al Tribunale per i Minorenni.
L’art 317-bis c.c prevede che “1. Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. 2. L’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore”.
L’introduzione di un diritto di azione in capo agli ascendenti costituisce l’applicazione del criterio dettato all’articolo 2, comma 1, lettera p), della legge delega (legge 219/2012), con il quale si attribuisce al legislatore delegato il compito di disciplinare “la legittimazione degli ascendenti a far valere il diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti”.
La competenza attribuita del tribunale dei minori, tuttavia, è stata da molti criticata, ravvisandosi una illogica duplicazione di giudizi come nel caso in cui il minore sia convocato davanti al tribunale per i minorenni ad istanza dei nonni e davanti a quello ordinario nella causa di separazione o divorzio che oppone i genitori, essendo, in quest’ultimo caso, competente per le decisioni che riguardano i figli minori il tribunale ordinario.
Una recentissima ordinanza del Tribunale dei Minori di Bologna (ordinanza 2 – 5 maggio 2014 – Pres. est. Giuseppe Spadaro) ha rinviato alla Corte Costituzionale gli atti di un processo, promosso dai nonni del minore per vedere riconosciuto il loro diritto ad intrattenere rapporti col nipote, affinché decida se la norma che attribuisce la competenza al Tribunale dei Minori sia o meno conforme a Costituzione.
In particolare, il Tribunale ritiene “auspicabile un intervento della Corte adita che dichiari costituzionalmente illegittimo l’art. 38, comma I, disp. att. c.c. (come modificato dall’art. 96, comma 1, lett. c) nella parte in cui prevede che «sono, altresì, di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 251 e 317-bis del codice civile», limitatamente alla parte in cui include l’art. 317-bis”.
I profili di incostituzionalità sono stati ravvisati nella parte in cui l’art38, comma I, disp. att. c.c. prevede che “«sono, altresì, di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 251 e 317-bis del codice civile», limitatamente alla parte in cui include l’art. 317-bis, per violazione degli art. 76, 77 e 3, 111 della Costituzione”.
In sostanza, per quanto è d’interesse sul piano dell’interesse del minore, il Tribunale bolognese rileva che “Il risultato irragionevole (della norma che assegna al Tribunale dei minori la competenza) è evidente nel caso di specie: i minori sono già coinvolti nel procedimento di separazione pendente dinanzi al tribunale ordinario; sono, ora, solo relativamente ai rapporti con gli ascendenti, chiamati a giudizio dinanzi al Tribunale per i Minorenni. Sia dinanzi al giudice della separazione, sia dinanzi a questo ufficio, dovranno essere necessariamente ascoltati (art. 336-bis c.c.). Si realizza, così, la frantumazione di una tutela processuale che dovrebbe essere univoca e si crea, in danno dei minori, una proliferazione di processi che non tiene affatto conto dell’interesse preminente del minore che illuminava l’intera legge 219712 e, dunque, la delega legislativa”.