Vi ricordate i viaggi della speranza a Casablanca degli anni ’80? Sono solo un lontano, triste, ricordo. Ora “Princesa” può cambiare sesso anche senza ricorrere al bisturi.
Una recente sentenza di merito (Trib. di Savona), che si colloca nel solco della ormai prevalente giurisprudenza in tema di requisiti per accedere al cambiamento di sesso, ha accolto il ricorso di una persona di sesso maschile che chiedeva il cambiamento anagrafico del sesso di origine, senza preventiva ri-attribuzione chirurgica di sesso ai sensi della legge 31 del D. Lgs. n. 150/2011.
Il soggetto in questione si era sottoposto alla sola terapia ormonale che, a differenza di quella chirurgica, non necessita di preventiva autorizzazione del giudice, anche se deve comunque avvenire secondo le procedure previste dagli Standard per il percorso di adeguamento di sesso adottati dall’Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere.
Il tribunale ha autorizzato l’uomo a cambiare, anagraficamente, sesso anche in assenza di intervento chirurgico ritenendo che la modificazione chirurgica dei caratteri sessuali non è presupposto indefettibile della rettificazione degli atti anagrafici, in quanto la modificazione chirurgica potrebbe essere dannosa per la salute, tutelata a livello costituzionale.
Sul tema era intervenuta anche cass. N. 15138/15, che aveva accolto il ricorso, cassando Appello Bologna, stabilendo che l’inciso della legge “quando risulta necessario”, a proposito dell’adeguamento dei caratteri mediante trattamento medico o chirurgico, stabilito nell’articolo 3 della legge 164, confluito nel quarto comma dell’art. 31 del d.lgs n. 150 del 2011, consente di escludere che si possano identificare le limitazioni normative preventive al riconoscimento del diritto.
Infine si ricorda che al mutamento anagrafico del sesso di uno dei due coniugi non consegue, come ha stabilito la Corte Costituzionale (sentenza n. 170 del 10 giugno 2014) che ha ritenuto ammissibile il ricorso presentato da una coppia di coniugi per ottenere la cancellazione della annotazione di «cessazione degli effetti del vincolo civile del matrimonio», che l’ufficiale di stato civile aveva apposta in calce all’atto di matrimonio, contestualmente all’annotazione, su ordine del Tribunale, della rettifica (da “maschile” a “femminile”) del sesso del marito.