La negoziazione assistita è un sistema “degiurisdizionalizzato” di composizione di una controversia. Essa trova necessaria applicazione in alcune controversie, ad esempio quelle civili di valore inferiore ai 50 mila euro.
In materia familiare la negoziazione assistita non è obbligatoria, nel senso che la coppia (sia essa coniugata o unita civilmente in caso di coppie omosessuali) potrà scegliere di comporre la crisi familiare rivolgendosi al giudice dello Stato, anziché ricorrere, appunto, alla negoziazione.
Diverso è invece, almeno per il momento, il caso della coppia di fatto per la quale è precluso il ricorso alla negoziazione, anche se esistono al riguardo proposte di modifica della legge 162/2014 volte a superare questa ingiustificata esclusione.
Con la negoziazione assistita, da svolgersi secondo le rigide forme previste dalla legge 162, la coppia coniugata o unita civilmente può regolare non solo la crisi familiare, giungendo così alla separazione o al divorzio nel caso di coniugi oppure al solo divorzio nel caso di unione civile, ma anche la modifica delle condizioni di separazione o di divorzio precedentemente stabilite in sede di negoziazione, di separazione o divorzio consensuale oppure sancite nella sentenza di separazione o divorzio giudiziale.
In assenza di figli minori o maggiori non economicamente autosufficienti o portatori di handicap grave, il procedimento si conclude con il rilascio, da parte del Pubblico Ministero, di un nulla osta a seguito di un controllo solo formale della presenza di tutti i requisiti e di tutte le dichiarazioni previste dalla legge 162. Nel caso invece di presenza di figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti o portatori di handicap grave, il controllo del PM non si limita al solo dato formale ma si estende anche all’accertamento della rispondenza dell’accordo all’interesse dei soggetti protetti.
Si pone però un problema: nel caso in cui i ricorrenti dichiarino, nell’accordo di negoziazione, l’esistenza di figli maggiorenni economicamente autosufficienti tale dichiarazione sarà sufficiente allo scopo di ottenere il nulla osta? I ricorrenti, infatti, potrebbero accordarsi fraudolentemente dichiarando, contrariamente al vero, la inesistenza di figli bisognevoli di protezione, ancorché maggiorenni, allo scopo di evitare, a carico dell’uno o di entrambi ed in danno del figlio, una contribuzione economica.
Va detto che nel processo di separazione e divorzio non è richiesta la produzione di documentazione attestante la dichiarata autosufficienza economica dei figli. Per tale ragione, alcune procure (es: Napoli) non richiedono alcuna documentazione, bastando la dichiarazione dei firmatari dell’accordo, fatta sotto la loro responsabilità. Altre procure, invece, richiedono il deposito di documenti o autocertificazioni. La procura di Firenze, ad esempio, richiede una autodichiarazione del figlio accompagnata da copia della sua ultima dichiarazione dei redditi. Altre procure si limitano a pretendere una autodichiarazione dei genitori ai sensi del DPR 445/2000.
Quest’ultimo orientamento sembra quello preferibile. Infatti pretendere il deposito della documentazione fiscale del figlio potrebbe trovare un ostacolo insormontabile nel rifiuto di questi, per mancanza di spirito collaborativo, oppure per difficoltà obbiettive. Del resto l’autodichiarazione, da rendersi sotto la penale responsabilità di chi la rilascia, appare essere sufficiente anche alla luce del fatto che il figlio conserva tutti i propri diritti e tutte le proprie azioni nei confronti dei genitori mendaci allorché intenda promuovere contro di essi, o uno solo di essi, un’azione diretta all’ottenimento di un assegno di mantenimento.
Avv. Luigi Cecchini.