Il caso deciso da cass. 10942/2015 è molto frequente. Uno dei due coniugi contribuisce con apporti in danaro al miglioramento della casa coniugale, di esclusiva proprietà dell’altro. Il matrimonio finisce con la separazione e il conseguente scioglimento della comunione tra i coniugi. Il coniuge che aveva speso per migliorare la casa familiare, agisce contro l’altro per la restituzione dei soldi spesi, ai sensi dell’art. 1150 c.c.
La cassazione respinge il ricorso. In sostanza, i supremi giudici, affermano che, in linea di principio, può spettare al coniuge “pagatore” il rimborso ai sensi dell’art. 1150 c.c. ma, tuttavia, questo va escluso se le spese affrontate sono servite per rendere più confacente alle esigenze della famiglia l’abitazione messa a disposizione dal coniuge proprietario ed utilizzata, per molti lustri, come casa comune. Tali spese, sostiene la cassazione, devono ritenersi eseguite per il soddisfacimento dei bisogni familiari e quindi, come tali, non dovranno essere rimborsate alla fine del matrimonio.