L’obbligo del genitore di concorrere nel mantenimento del figlio, nonché di sopperire alle sue necessità affettive e morali, insorge con la nascita dello stesso, ancorché la filiazione sia stata successivamente accertata con sentenza.
È questo l’orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità e anche di merito. (cfr. Cass. civ., sez. I, 3 novembre 2006, n. 23596; Cass. civ., sez. I, 20 dicembre 2011, n. 27653).
La conseguenza di tale principio è la seguente: il genitore naturale sarà responsabile, per illecito endofamiliare (danni morali e patrimoniali), nei confronti del figlio naturale, tutte le volte che alla procreazione non segua il riconoscimento e l’assolvimento degli obblighi conseguenti alla condizione di genitore (Cass. civ., sez. I, 22 novembre 2013 n. 26205). Anche laddove sia venuto a conoscenza della filiazione solo successivamente alla sentenza che l’accerta.
La prevalente giurisprudenza, di legittimità e di merito, ritiene che il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno decora dal giorno di passaggio in giudicato della sentenza di stato sulla filiazione.
Su tale linea interpretativa, di recente, il tribunale di Roma 19 maggio 2017, che smentisce un altro precedette sempre dello stesso tribunale (sentenza 1 aprile 2014), e la cassazione come detto.
La interpretazione della S. Corte non è condivisibile, o almeno è necessario operare dei distinguo.
Pensiamo, infatti, al caso di un genitore, ad esempio un padre, che abbia incolpevolmente ignorato, per un certo numero di anni, l’esistenza del figlio, perché la madre mai lo ha portato a conoscenza di tale circostanza, né lo ha fatto il figlio sino all’esercizio dell’azione di stato.
È corretto ritenere che il padre, del tutto ignaro del rapporto di filiazione, sia tenuto a risarcite il danno endofamiliare al figlio?
No, non è corretto. Nessun addebito, sotto forma di violazione dei doveri nascenti dalla procreazione può essere addebitato “in automantico”, allorché il presupposto per l’assolvimento di detti doveri sia stato del tutto ignorato, senza colpa, dal soggetto sul quale astrattamente gravano. Oppure, laddove l’esercizio della responsabilità genitoriale sia impedito dal fatto dell’altro genitore.
A tale conclusione è pervenuto, correttamente, il tribunale di Milano (Trib. di Milano, sez. IX, 5 ottobre 2016), che ha ritenuto come il mancato tempestivo riconoscimento da parte del padre, fosse da ritenere imputabile in via esclusiva al comportamento della madre.
Sebbene la decisione della IX sezione del tribunale milanese, si riferisca ad un caso molto particolare, il principio che pare accreditare è quello di esentare dalla responsabilità il genitore che, incolpevolmente o per fatto impeditivo altrui, non sia stato posto in grado di fare fronte ai suoi doveri materiali e morali nei confronti del figlio naturale.
Tale linea interpretativa appare senz’altro preferibile perché corrispondente a criteri di sostanziale giustizia.
Avv. Luigi Cecchini.