Nei giudizi di separazione e di divorzio molto spesso una delle due parti produce il rapporto dell’investigatore privato per provare il fondamento della richiesta di addebito per infedeltà del coniuge.
Il rapporto dell’investigatore, in genere, consta di una relazione accompagnata da documentazione fotografica.
Sul piano processuale, il rapporto, rappresenta una cosiddetta prova atipica e necessita, nell’ambito della causa, di una richiesta di prova testimoniale, dell’agente investigativo, a conferma delle circostanze di fatto che appaiono riportate nella relazione e che sono rappresentate nel materiale fotografico.
Secondo una sentenza del tribunale di Milano, tuttavia, l’onere a carico della parte che ha prodotto in giudizio il rapporto di chiedere la prova per testi a conferma del medesimo non è assoluto.
Per i giudici milanesi la parte sarà onerata della prova testimoniale solo in caso di contestazione del rapporto da parte del coniuge a carico del quale è stata formulata la domanda di addebito. In caso contrario, ovverosia in presenza di acquiescenza e quindi di non contestazione, sarà sufficiente la valutazione del materiale documentale per l’esame del fondamento della domanda di addebito.
Il principio affermato dai giudici milanesi si basa sull’onere di contestazione a carico della parte che intenda contrastare una produzione documentale nell’ambito del processo. Sicuramente l’applicazione di tale principio processuale anche al caso tipico della produzione del rapporto investigativo, contribuisce alla snellezza del procedimento e quindi all’abbreviamento dei tempi del giudizio.
Sorgono tuttavia delle perplessità in relazione alla natura del materiale probatorio e, soprattutto, per la mancata assunzione della prova nell’ambito del processo, come invece avviene nel caso di prova testimoniale che è assunta nel contraddittorio delle parti.