Il figlio maggiorenne perde il lavoro? No al diritto di mantenimento

La legge pone a carico dei genitori il dovere di mantenere i figli, indipendentemente dall’età o vincoli di matrimonio.

Solitamente, l’obbligo viene soddisfatto attraverso la corresponsione di un assegno di mantenimento direttamente al maggiorenne, salvo diversa decisione del giudice in sede di separazione nel caso il figlio continui a convivere con uno dei genitori.

I parametri per commisurare l’ammontare dell’assegno sono molteplici, e dipendono dalle sostanze economiche dei genitori, dalle esigenze della prole, nonché dal tenore di vita tenuto durante la convivenza genitoriale.

Si tratta di comunque di un’elargizione provvisoria, destinata a cessare quando i maggiorenni ottengono una stabile occupazione lavorativa, tale da permettergli indipendenza economica ed adeguata collocazione sociale.

Oltretutto, il mantenimento non deve essere una scusa per vivere di rendita! La giurisprudenza lo esclude per i casi di inerzia o volontaria sottrazione al lavoro da parte dei figli.

 

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Ma cosa succede se il figlio maggiorenne perde l’occupazione precedentemente acquista? Una recente pronuncia di merito, in linea con la Cassazione, esclude la riviviscenza dell’obbligo di mantenimento.

“Una volta conseguita da parte del figlio maggiorenne l’autonomia economica, mediante espletamento di una attività lavorativa che dimostri una capacità adeguata, è da escludere che possa rilevare la sopravvenienza di circostanze ulteriori che, pur determinando l’effetto di renderlo momentaneamente privo di sostentamento economico, non possono far risorgere un obbligo di mantenimento, i cui presupposti erano già venuti meno.

In tali casi può eventualmente sussistere un diritto agli alimenti, che tuttavia si basa sul diverso presupposto dello stato di bisogno quale incapacità di provvedere alle esigenze di vita primarie.