Spetta ai genitori provare di aver impartito al figlio minore una buona educazione e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata, con riferimento alle condizioni sociali, familiari, all’età, al carattere e all’indole del minore.
Solo cosi potranno dimostrare di non aver potuto impedire il fatto illecito commesso dal figlio, ed evitare di incorrere nelle relative conseguenze.
La giurisprudenza tende, infatti, a riconoscere una responsabilità diretta e colposa dei genitori che non siano in grado di fornire tale prova liberatoria.
Si tratta di una presunzione di colpa, derivante da un comportamento omissivo in termini di “culpa in educando” e “culpa in vigilando”.
In assenza di tale prova, il mancato rispetto dei doveri genitoriali potrà desumersi anche dalle modalità dell’illecito, capaci di riflettere da un lato il grado di maturità e di educazione del minore, e dall’altro le carenze familiari a quanto demandato dalla legge.