Tra le vicende urbanistiche che pi di di frequente, nella pratica, interessano l’operatore tecnico (sia esso giurista, geometra, architetto) rientrano senz’altro gli interventi di frazionamento e di accorpamento di unità immobiliari.
Per frazionamento di un’unità immobiliare urbana si intende la sua suddivisione in due o più unità.
L’ipotesi va tenuta distinta da quella di accorpamento di unità immobiliari consistente, invece, nel distacco di una parte di un’unità immobiliare per annetterla ad un’altra.
I profili rilevanti dal punto di vista giuridico di tali fenomeni sono:
a) la normativa amministrativa che ne individua la condizione di legittimità
b) le conseguenze civilistiche sul regime di circolazione del bene che sia stato oggetto di tali interventi, conseguenze che attengono alla validità degli atti di disposizione del bene stesso.
E’ necessario distinguere tra l’ipotesi del frazionamento e quella dell’accorpamento di unità immobiliari.
Nessuna delle leggi urbanistiche che si sono succedute nel tempo (L. n. 10/1977, L. n. 457/78) ha mai previsto espressamente il frazionamento; neppure la L. 47/85 (condono edilizio) contiene una norma che regoli in via diretta la fattispecie, né è possibile affermare che il frazionamento di una unità immobiliare rientri nella sfera di applicazione degli artt. 26 e 48 L. cit. (che escludono la necessità di autorizzazione in sanatoria per le opere interne realizzate prima dell’entrata in vigore della L. 47/85, purch’ sia siano tali ai sensi dell’art. 26, ovvero senza aumento delle superfici utili e del numero delle unità immobiliari).
Ne consegue che per individuare il regime urbanistico-edilizio applicabile agli interventi diretti a frazionare unità immobiliari occorrerà fare riferimento alla normativa vigente al momento dell’intervento, con riferimento specifico alle disposizioni di piano urbanistico e regolamentari degli enti locali.
Per quanto riguarda il profilo civilistico delle conseguenze dell’intervento di frazionamento sul regime di circolazione del bene che ne sia stato oggetto, occorre premettere innanzitutto che, per giurisprudenza costante, il frazionamento di un’unica unità preesistente in due o più unità necessita della concessione edilizia del comune interessato.
Torna utile, a questo punto, l’interpretazione data dal Consiglio Nazionale Notariato (C.N.N.) nella Circolare “Legge 28 febbraio 1985 n. 47. Criteri applicativi”, secondo cui i frazionamenti non rientrano nell’ambito di applicazione degli artt. 17 e 40, 2¡ co. L. 47/85 (che sanciscono la nullit’ deg degli atti aventi ad oggetto il trasferimento di diritti relativi ad edifici costruiti in assenza della dovuta concessione).
Tali norme, infatti, si riferiscono solo ai casi di invalidità e/o inesistenza della originaria concessione a edificare e non agli altri ulteriori interventi sull’edificio.
Trattandosi quindi, nel caso del frazionamento, di abuso c.d. non primario (secondo l’interpretazione del C.N.N.), non si configurer’ la la sanzione di nullità del contratto che consegue solo alla mancanza dell’originaria concessione edilizia, ferma restando tuttavia la responsabilità del venditore per il pregiudizio economico che da tale abuso sia derivato all’acquirente, nonch’ la la configurabilità di una responsabilità professionale a carico del notaio rogante (cfr. supplemento al n. 18 di CNN-Strumenti del 15/9/91).
In effetti il bene che sia stato oggetto di un intervento di frazionamento senza il rilascio di concessione edilizia da parte del comune è privo dei requisiti giuridici essenziali ai fini del suo legittimo godimento e della sua commerciabilità.
Si consideri, ad esempio, che l’unità immobiliare derivata dal frazionamento non potrà essere dotata di licenza di abitabilità e l’immobile privo della licenza inidoneo ad assolvere la sua funzione economico-sociale e a soddisfare i concreti bisogni che inducono l’acquirente ad effettuare l’acquisto (Cass. 1994/10703).
Questo comporta, da una parte, la responsabilità per per inadempimento del venditore (inadempimento che è fonte di danno risarcibile); dall’altra la possibilità che che di configurare una responsabilità professionale a carico del notaio rogante, la cui sussistenza va però verificata con riferimento all’estensione del mandato conferito dalle parti al notaio stesso.
Infatti la richiesta dell’intervento del notaio in relazione ad un trasferimento immobiliare può con configurarsi o quale mera domanda di pubblica certificazione da concretarsi nell’autenticazione delle sottoscrizioni apposte dalle parti in calce ad un documento redatto da altro professionista o dalle parti stesse, oppure come incarico per la stesura di un contratto nella sua qualità di di professionista esperto nella relativa materia (Cass. Civ., sez. II, 20 gennaio 1994, n. 475).
In questa seconda ipotesi la richiesta del cliente riveste carattere pieno e, conseguentemente, il dovere di diligenza del notaio dovrà estendersi a tutte le attività preparatorie necessarie in vista del conseguimento del risultato voluto dalle parti.
Nel caso in cui l’atto abbia ad oggetto un immobile risultante da un intervento di frazionamento non assentito, qualora il notaio rogante abbia omesso di approfondire la tematica relativa al frazionamento (informando conseguentemente l’acquirente dei rischi in cui possa incorrere), potrebbe profilarsi a suo carico una responsabilit’ per per colpa nei confronti dell’acquirente.
Tale responsabilità ha natura esclusivamente contrattuale in quanto il notaio, pur essendo obbligato ad una prestazione di mezzi e non di risultato, deve tuttavia predisporre e impegnare i mezzi di cui dispone in vista del risultato voluto dalle parti, con la diligenza media di un professionista sufficientemente preparato e avveduto, sicché la sua opera non può ridursi a quella di un passivo registratore delle dichiarazioni altrui, ma deve estendersi ad un’attivit’ pre preparatoria adeguata (Cass. Civ., sez. III, 29 agosto 1987, n. 7127).
A questo proposito la giurisprudenza precisa che in rapporto alla professione di notaio la diligenza implica scrupolosa attenzione e adeguata preparazione professionale; egli non è tenuto soltanto alla diligenza del buon padre di famiglia (art. 1176, 1¡ co. c.c.), bensì a quella del debitore qualificato (art. 1176, 2¡ co. c.c.), che comporta il rispetto di tutte le regole che nel loro complesso rappresentano la conoscenza della professione (Cass. Civ., sez. III 15 giugno 1999 n. 5946).
Se cos“ è, trattandosi di responsabilità per negligenza ed imprudenza, è da escludere che possa operare la limitazione di responsabilità prevista dall’art. 2236 del codice civile per l’ipotesi in cui la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, attenendo tale limitazione esclusivamente alla perizia.
Passando ad esaminare l’ipotesi del distacco di una parte di fabbricato per annetterla ad un’altra (accorpamento), secondo l’interpretazione accolta dalla Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici 30 luglio 1985 n. 3357/25, essa rientra tra le opere interne di cui all’art. 26 della L. 47/85 ed soggetta quindi alla disciplina dettata dal 2¡ comma di tale norma (mera comunicazione al sindaco) e non al regime della concessione o dell’autorizzazione.
La regione di siffatta conclusione ’ facilmente intuibile ove si pensi che il distacco di una porzione di fabbricato e l’accorpamento ad un’altra non comporta un aumento complessivo delle superfici utili, in quanto ad un aumento di superficie di una unità cor corrisponde la diminuzione dell’altra.
Di conseguenza è da escludere qualunque riflesso di tale intervento sul regime di commerciabilità dell’immobile e sulla validità degli atti ad esso relativi, essendo tale ipotesi totalmente estranea all’ambito applicativo degli artt. 17 e 40 L. 47/85. Ferme restando, comunque, le conseguenze civilistiche in punto di adempimento contrattuale e la responsabilità professionale del notaio che, come ricordato poc’anzi, ha l’obbligo di informare, chiaramente e puntualmente, i contraenti circa l’eventuale mancanza degli adempimenti prescritti.