Nella ormai consueta contrapposizione tra locatori e conduttori, per anacronistico pregiudizio si suole attribuire al conduttore la condizione di parte più debole. Eppure in favore del conduttore concorre con effetto di sinergia il doppio beneficio: dell’orientamento storicamente favorevole della legislazione di settore e, nella fase di attuazione della legge, l’indirizzo giurisprudenziale che accentua ed amplifica le tendenze legislative.
Tuttavia la giurisprudenza di legittimità riconosce ormai pacificamente l’applicabilità della clausola penale alle obbligazioni derivanti da contratti di locazione abitativa, in particolare a tutela del locatore quale creditore della obbligazione di rilascio dell’immobile locato nel termine convenuto, o prima nel caso di risoluzione del contratto (1).
Si ammette quindi la compatibilità del della clausola penale, pattuita pro tempore in relazione al ritardo nella restituzione dell’immobile (situazione universalmente diffusa quale conseguenza del noto problema della non esecuzione degli sfratti), con la disciplina dell’art. 1 bis D.L. n. 551/1988 (convertito con legge n. 61/1989) che, secondo talune interpretazioni, varrebbe ad escludere dalla area della risarcibilità ogni eventuale maggior danno rispetto alla penale legale prevista dall’art. 591 c.c., seconda parte (risarcimento pari al canone quale regola generale, salva dimostrazione del maggior danno) (2).
In materia di locazioni, si pone il problema dei presupposti e della misura della riduzione equitativa della penale, alla quale il Giudice ha facoltà di di procedere ai sensi dell’art. 1384 c.c. (3) in tutti i casi di penale manifestamente eccessiva “avuto riguardo all’interesse che il creditore (e quindi il locatore), aveva all’adempimento”.
Si deve infatti considerare che l’incertezza generalizzata in materia di rilascio di immobili e spesso l’esasperazione, la frustrazione dei locatori ed il diffuso convincimento della scarsa effettività anche delle procedure e degli strumenti processuali destinati alla realizzazione dei crediti pecuniari, induce i locatori a pretendere l’inserimento nei contratti di locazione o in successivi accordi di carattere transattivo, di penali di entità manifestamente eccessiva, accettate da parte dei conduttori con riserve mentali di richiederne al momento opportuno, la riduzione giudiziale.
La penale può quindi essere ridotta in ragione della entità presumibile dell’interesse del locatore all’adempimento, che in difetto di specifiche emergenze istruttorie può essere quantificato con riferimento al possibile canone di mercato; con la conseguenza di attribuire al locatore titolo di penale una somma tendenzialmente corrispondente a quella ottenibile a titolo di canone, se l’immobile fosse stato disponibile (4).
Tuttavia questo criterio, di per se ragionevole, si presenta ad alcune valutazioni critiche. La prima delle quali è che, pur ammessa in linea di principio per i motivi sopra indicati l’esigenza di ricondurre ad equità penali eccessive, la logica del sistema e la finalità concreata che la penale deve conseguire e che la giurisprudenza ritiene del tutto legittima, richiederebbe una riduzione della penale modulata nel tempo, e cioè maggiore nei primi tempi di inadempimento per ridursi via via con il passare del tempo quando l’inadempimento raggiunge la massima gravità, fino ad arrivare al ripristino della misura convenzionale, in modo da realizzare quell’effetto di astraente(istituto dell’ordinamento francese di creazione giurisprudenziale) che, da un lato aumenta la dissuasione all’inadempimento, e dall’altro commisura più eff efficacemente la penale all’interesse del creditore della prestazione e quindi al risarcimento del danno, che si incrementa con il ritardo.
Nè varrebbe obbiettare che non spetta al giudice di sostituirsi alla autonomia delle parti quando queste non abbiano ritenuto di convenire una penale progressiva rispetto all’inadempimento, poiché non non si vedono i motivi per i quali l’art. 1382 c.c. non debba consentire un intervento manipolatore sulla penale da parte del Giudice, pur nei limiti di quanto convenuto dalle parti, quando questa sia commisurata ad un inadempimento non istantaneo ma che, proiettato nel tempo, varia costantemente in aumento nella sua entità e n e nella sua importanza per il locatore.
Ma anche un ulteriore profilo della vicenda. L’operazione giudiziale di valutazione della entità del della penagli agli effetti della sua riduzione, non deve infatti trascurare anche la sua funzione sanzionatoria privata (5) La clausola penale ha infatti funzione e finalità non soltanto risarcitorie e reintegratorie del danno emergente e/o del lucro cessante subito dal creditore in guida da assicurare per quanto possibile la reintegrazione patrimoniale se no l’indifferenza all’inadempimento. La clausola penale può esplicare anche funzioni di sanzione privata, pattiziamente diretta a dissuadere il debitore (e nel caso il conduttore) dall’inadempimento attribuendo al locatore anche più del della mera reintegrazione patrimoniale, che non sempre è sufficiente alla determinazione di un effetto punitivo a carico dell’inadempiente. Quindi la clausola penale può esplicare anche funzioni risarcitorie più ampie rispetto a quelle ammesse dai principi generali che regolano e limitano la responsabilità civile contrattuale (artt. 1223 e segg. c.c.).
Le condizioni per l’attribuzione alla clausola penale nella materia delle locazioni di tale funzione di sanzione privata, e correlativamente i parametri per l’esercizio della facoltà di di riduzione giudiziale, possono indicativamente essere le seguenti. Si consideri che in taluni casi di in adempimento alla obbligazione di rilascio di una abitazione alla scadenza convenuta (magari urgentemente necessaria per il locatore e la sua famiglia), può certamente profilarsi l’ipotesi di danni non patrimoniali ed alla vita di relazione (6) a carico del locatore che si trovi in situazioni di grave disagio abitativo; e tuttavia tali danni non sono risarcibili secondo i principi della materia (art. 2059 c.c.) E del pari, possono profilarsi ipotesi di danni indiretti (la pratica impossibilità di di vendere un appartamento occupato se non con grave perdita del suo valore, o la mancata disponibilità del ricavato della vendita da destinare ad altri investimenti), anche essi non risarcibili ai sensi dell’art. 1223 c.c. in quanto non ritenuti conseguenze immediate e dirette dell’inadempimento: si pensi al differenziale (maggiore in tempi passati), tra la rendita dell’investimento immobiliare rispetto a quella dell’investimento mobiliare che sarebbe stato possibile con il ricavato della vendita.
Si debbono infine considerare ipotesi di danni provocati a soggetti non formalmente legittimati quali i figli o altri parenti del locatore, che avendone necessità pos possono vantare l’aspettativa ad ottenere la disponibilità in in locazione se non in comodato, della casa occupata.
Appare quindi chiaro che una funzione meramente risarcitoria della clausola penale a beneficio del suolo locatore configurata con riferimento ai parametri dell’art. 1591 c.c. e la cui utilità si si limitasse all’esonero per il locatore dalla quantificazione e dalla prova del danno, non avrebbe alcuna efficacia inibitoria e risarcitoria dell’inadempimento rispetto a pregiudizi indiretti per il locatore con certezza all’inadempimento del conduttore. Ora appare evidente che l’interesse del tutto legittimo (con riferimento all’art. 1384 c.c.) del locatore di evitare o limitare tali danni, può essere tutelato solo attribuendo alla clausola penale una funzione di pena privata dissuasiva dell’inadempimento.
Indubbiamente esistono limiti a questa funzione della clausola penale.
In concreto e con riferimento allo specifico profilo del quale si tratta, l’entità del della penale incontra il limite rappresentato dalla eventuale illegittimità del vantaggio che per il locatore superiore a quello dell’inadempimento, in quanto si deve evitare l’effetto, altrimenti paradossale e patologico, di rendere per il locatore preferibile l’inadempimento. Quindi il parametro per l’individuazione in positivo della legittimità del della clausola penale, resta pur sempre l’entità globale del danno proiettato nell’arco di tempo dell’inadempimento anche se non risarcibile secondo i consueti canoni civilistici,. E quindi del danno patrimoniale ovvero anche non patrimoniale, diretto o indiretto, alla vita di relazione ed alla salute, ma comunque certo, che il locatore ed i suoi stretti familiari possono subire. Si ritiene infatti chela riduzione della penale da parte del giudice possa prescindere da una rigida correlazione tra riparazione e danno effettivamente subito dal creditore (7).
Correlativamente non sarebbe legittima quella riduzione della clausola penale che rendesse indifferente il conduttore all’inadempimento venendo a configurare, tale che per il conduttore sia equivalente adempiere o non adempiere.
La legittimità del della causa della clausola penale caratterizzata da un contenuto più spiccatamente sanzionatorio e punitivo con riferimento alla specifica obbligazione di restituzione dell’appartamento locato, andrà qui quindi verificata sul piano sostanziale, con riferimento all’interesse del locatore non soltanto alla reintegrazione patrimoniale, ma anche all’adempimento in forma specifica e quindi alla disponibilità del dell’immobile quale mezzo di soddisfacimento di interessi più o meno direttamente pregiudicati, dello stesso locatore o di terzi.
Quindi la misura della clausola penale con riferimento all’articolo 1384 c.c., richiederà che che al momento della sua stipulazione, il conduttore sia stato posto nella condizione di valutare preventivamente e quanto più esattamente possibile gli effetti del suo eventuale inadempimento, e che quindi a tale fine la clausola contenga l’indicazione specifica e preventiva della natura e dell’entità deg degli interessi che potranno risultare pregiudicati dal ritardo nella restituzione dell’immobile locato.
(1) In effetti la giurisprudenza, non da ora, ha sempre pacificamente ammesso la forfetizzazione mediante clausola penale del danno ex art. 1591 c.c. (Cass. sez. III, 4.11.1993 n.10887, in Giust. civ. Mass., 1993, fasc. 11; Trib. Milano 23.12.1991, in questa rivista, 1993, 133; Cass. sez. III, 26.10 1989 n. 4429, in Giust. civ. 1990, I, 1554; App. Milano 3.4. 1990, in Foro). it., I, 2569
(2) Sulla qeustione, Cass. civ. sez. III, 3.4.1995 n. 3913, in Foro it., 1995, I, 3191; App. Firenze 24.6.1991, in questa Riv., 1993, 773; contra, Pret. Milano, 21.7.1993, in questa Riv., 1993, 773; Trib. Firenze 10.1.1996 n. 110, in Arch. Loc., I, 1996, 545. Per una completa disamina dello stato della giurisprudenza e della dottrina in tema di applicazione dell’art. 1591 c.c. e del suo coordinamento con l’art. 1bis D.L. n. 551/1998, cfr. Nota a Cass. n. 3913/1995 cit., (Piombo); Izzo, Il risarcimento del maggior danno per il ritardo della riconsegna: quantificazione e limite temporale della valutazione legale tipica privista per la durata della sospensione legale dell’esecuzione nelle locazioni abitative, Nota a Casa 10.2.1996 n. 1032, Cass. 6.6.1995 n. 6359, 5.6.1995 n.6291, Cass. 27.5.1995 n. 5927, Cass. 3.4.1995 n.3913; in Giust, civ. 1996, I, 1623; Scripelliti, Risarcimento di danni per ritardata restituzione dell’immobile da parte dell’ex conduttore: problemi di coordinamento tra l’art. 1592 c.c. e l’art. 1 bis D.L. n. 551/1988, Nota a Trib. Firenze 16 gennaio 1996, in Arch. Loc. 1996, I, 545; Scripelliti, Ancora sul risarcimento dei danniper mancata restituzione dell’immobile locato, Nota a Trib. Milano 22.2.1996, in Arch. loc., I, 948; Scripelliti, Storia di una questione controversa, Nota a Cass. sez. III, 5 aprile 1991 n. 3533, in Arch. loc. 1997, I, 255. Sulla clausola penale legale, Bianca, Diritto civile, La responsabilità, Mi, Milano, 1994, 237 e segg.
(3) Si ritiene che la facoltà di riduzione della clausola penale rappresenti una manifestazione del controllo dell’ordinamento sulla autonomia privata, sullo stesso piano dei principi dei quali è espressione l’art. 1322 c.c. Xfr. anche De Cupis, Sulla riduzione della penale, in Giust. civ. 1983, II, 236.
(4) Per tutte ed in ultimo, Cass. sez. III civ., 6.6.1995 n. 6359, in Giusrt. civ. Mass. 1995, fasc. 6. Per l’espresso riferimento al canone di mercato, quale utile parametro perla quantificazione del pregiudizio subito dal locatore, si veda Cass. sez. III, 5.4.1991, n. 3533, in Arch. loc., 1997, I, 255.
(5) La funzione sanzionatoria privata della clausola penale pac pacificamente ammessa in dottrina che indidividua quale effetto della autonomia, la possibilità per le parti di istituire una pena negoziale (Trimarchi, La clausola penale, Milano, 1964, 68). Si vedano: anche Moscati, Pena privata ed autonomia privata, in Riv. dir. civ., 1985, I, 511; Gabrielli, Clausola penale e sanzioni private nella autonomia contrattuale, in Rass. Dir. civ., 1984, 901.
(6) Considerato il rapporto tra la disponibilit del della casa, quale strumento per il soddisfacimento di primarie ed essenziali necessità della vita individuale e di relazione, sarà necessario porsi il problema della risarcibilità del danno alla salute che le parti nel contratto di locazione possono concretamente subire per effetto dell’inadempimento alle obbligazioni discendenti dal contratto: si immagini il proprietario costretto per ritardi nella esecuzione dello sfratto a vivere in condizione di sofferenza per effetto della convivenza in spazi ristretti con familiari o con appartenenti a diverse famiglie, e si immagini il conduttore che si sia venuto a trovare nelle stesse condizioni, in quanto costretto a rilasciare la casa per effetto di un provvedimento esecutivo (sentenza, ordinanza ex art. 665 c.p.c.), poi non confermato nel seguito del processo. In altro settore dell’ordinamento ed in tema di risarcibilità del danno biologico per effetto di licenziamento illegittimo, Pret. L’Aquila, 10 maggio 1991, in Foro it. 1993, I, 317; Pret. Roma, 17 aprile 1992, in Riv. it. dir. lav. 1993, II, 543; ed in generale, Cass. sez. lav.24 gennaio 1990 n. 411, in Crit. pen. 1995, 58.
Avv. Nino Scripelliti
Avvocato in Firenze
Civilista, Esperto Immobiliare e Presidente Confedilizia in Toscana