La cassazione, con la recente sentenza 304/2014, ha ribadito i criteri guida seguiti dai giudici di legittimità nell’accertamento del diritto all’assegno di separazione. Come è noto, il diritto all’assegno compete al coniuge più svantaggiato economicamente ed è diretto a garantire a questi il mantenimento del tenore di vita goduto in costanza di convivenza matrimoniale.
Con la sentenza 304 la cassazione introduce altri elementi di valutazione, che integrano quello cardine. I giudici della Suprema Corte, infatti, hanno ritenuto che il giudice del merito debba prendere in considerazione anche la “notevole durata del matrimonio, la cura della famiglia e dei figli da parte della moglie (in genere il soggetto richiedente) e l’attuale contributo al loro mantenimento”.
Nella valutazione del diritto del richiedente il giudice del merito dovrà valutare non solo lo squilibrio economico tra i coniugi, ma anche il contributo dato, il più delle volte, dalla moglie allo “sviluppo dell’attività professionale del marito e al miglioramento della situazione economico-finanziaria della famiglia”. Insomma, la moglie che lascia il lavoro per seguire figli, marito e casa ha diritto, in caso di separazione, a veder riconosciuto economicamente questo suo importante contributo.