Le disposizioni in materia di ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare di cui all’art. 492bis c.p.c. e artt. 155 quater e quinquies disp. att. c.p.c., si applicano anche per la ricostruzione dell’attivo e del passivo nell’ambito di procedimenti in materia di famiglia.
Il recente DL 3 maggio 2016 n. 59 ha chiarito che l’autorizzazione alla ricerca deve essere rilasciata dal giudice del procedimento.
La norma rappresenta una straordinaria possibilità per il coniuge più debole di assumere dati, di sicura provenienza, da sottoporre al giudice per ottenere l’attribuzione di un assegno di separazione o divorzile.
Come è noto il giudice della famiglia può disporre indagini patrimoniali affidate agli organi di polizia tributaria. L’esperienza però ci insegna che tali indagini, il più delle volte, si risolvono in una patente di verginità per colui che le subisce, limitandosi a confermare quanto già risulta dalle evidenze fiscali rappresentate dalle dichiarazioni dei redditi.
Tramite l’indagine ai sensi dell’art. 492 bis c.p.c. la parte potrà invece avere cognizione, e quindi potrà valutare e, soprattutto, far valutare dal suo consulente tecnico, tutta una serie di dati quali quelli contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni o alle quali le stesse possono accedere e, in particolare, nell’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, nel pubblico registro automobilistico e in quelle degli enti previdenziali, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti.
L’uso sapiente di una tale massa di dati potrà senza dubbio agevolare l’accertamento del patrimonio e quindi l’accertamento del diritto del coniuge più debole.