Moltissime sono le fonti sovranazionali che disciplinano l’intervento del minore, sotto forma di espressione della propria volontà, nel processo che lo riguarda anche indirettamente.
Anche il nostro ordinamento interno, ribaltando la precedente previsione, prevede ora che il minore venga sempre sentito nelle procedure di separazione coniugale, di divorzio e di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio, se di età superiore ai dodici anni e anche di età inferiore ove capace di discernimento.
Si può quindi affermare che esiste nell’ordinamento un diritto codificato all’ascolto.
L’ascolto del minore è un passaggio processuale estremamente delicato, che potrà avvenire direttamente da parte del giudice, con l’adozione di tutte le cautele utili a preservare e tutelare la sensibilità del minore, oppure tramite l’ausiliario del giudice, ossia il consulente tecnico.
Sulla scorta di tali principio legislativi la corte di cassazione, con una recente sentenza del 2016 (n.10817), si è pronunciata in un caso in cui il minore, condotto all’estero da uno dei due genitori, si era espresso in modo contrario al rimpatrio.
La corte ha stabilito che, ove il minore abbia una età ed un grado di maturità tali da giustificare il rispetto della sua opinione, il giudice dovrà considerarla come elemento distinto di valutazione ai fini di respingere la richiesta di rimpatrio e questo secondo quanto prevede la Convenzione dell’Aja all’art. 13. Co.2.