Presupposto per la separazione è l’intollerabilità della convivenza, oppure una condotta, di uno dei due coniugi, tale da arrecare un grave pregiudizio all’educazione della prole.
A volte la condotta di vita dell’uno o dell’altro coniuge può essere oggetto di valutazione da parte del giudice ai fini di addebitare a costui la separazione.
Una delle più frequenti cause di addebito è senz’altro l’infedeltà.
Non sempre, però, la infedeltà è causa di addebito. Ad esempio non lo è quando non può ad essa ricondursi la fine dell’unione materiale e spirituale dei coniugi, per essere questa finita già da tempo e per tutte altre cause.
In altre parole: l’infedeltà è la conseguenza, non la causa.
Si può parlare di infedeltà colpevole riguardo alla “scoperta” dell’omosessualità del coniuge?
La risposta è certamente no. Nel senso che l’infedeltà è tale a prescindere dal genere di appartenenza del nuovo partner. Né potrebbe essere diversamente, per un chiaro principio di eguaglianza delle situazioni oggettive e soggettive.
Su un caso di scoperta di una relazione omosessuale si è espresso di recente il Tribunale di Milano. Ai giudici milanesi era stato richiesto, dal marito, l’addebito della separazione a causa di una stabile (e sopravvenuta) relazione omosessuale fra una donna e la moglie, che, a detta del marito, l’aveva portata a trascurare la prole. Con il medesimo ricorso il marito chiedeva, a causa della condotta della moglie, l’affidamento esclusivo oltre che l’assegnazione della casa coniugale.
Il tribunale di Milano, nel respingere entrambe la domanda di addebito, riconosce che la relazione gay fu la “causa ultima” della rottura matrimoniale, ma in un articolato contesto critico originato da dinamiche psicologiche non risolte da ciascuno dei coniugi, che già da qualche anno non intrattenevano più rapporti sessuali.
In altri termini, il tribunale, non discrimina tra nuova relazione gay o eterosessuale.
Tuttavia, la scoperta e l’esternalizzazione dell’omosessualità avevano comunque reso insostenibile il rapporto di coppia, ma solo perché l’orientamento sessuale della moglie non poteva più consentire la condivisione fisica e la sua funzione di complementarietà e rafforzamento dell’unione.
In altre parole, il vincolo coniugale non poteva più andare avanti, ma senza alcuna colpa!