La Suprema Corte si allinea, in tema di separazione dei coniugi, al suo consolidato orientamento già espresso nell’ambito del divorzio, secondo cui, anche la convivenza stabile e continuativa intrapresa con un’altra persona, può comportare la cessazione dell’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento che grava sull’altro coniuge.
Secondo la Corte, in caso di separazione legale dei coniugi e di formazione di un nuovo nucleo familiare di fatto da parte del coniuge beneficiario del mantenimento, dunque, indipendentemente dalla risoluzione del rapporto coniugale, avviene una rottura tra il preesistente modello di vita e il nuovo assetto fattuale di rilievo costituzionale in quanto espressamente voluto e cercato dal coniuge (ancora) beneficiario della solidarietà coniugale.
Infatti, la ricerca, la scelta ed il concreto perseguimento di un diverso assetto di vita familiare da parte del beneficiario dell’assegno “fa scaturire un riflesso incisivo dello stesso diritto alla contribuzione periodica, facendola venire meno”.
Tale conseguenza trova la sua giustificazione nel c.d. principio di autoresponsabilità, “ossia nel compimento di una scelta consapevole e chiara, orgogliosamente manifestata con il compimento di fatti inequivoci” per aver dato luogo a una unione stabile e continuativa “che si è sovrapposta con effetti di ordine diverso, al matrimonio, sciolto o meno che sia”.
Infine, a nulla rileva neppure la possibilità che i coniugi non divorziati possano astrattamente ricomporre la propria vita in comune in seguito a un ripensamento: anche in questo caso l’assegno non rivivrebbe ma tornerebbe a operare il precedente assetto di vita caratterizzato dalla ripresa della convivenza.