La cassazione adotta l’adozione gay!

La tanto avversata stepchild adoption ha ricevuto il disco verde dalla cassazione.

Vi ricordate le polemiche sulla previsione, nella legge Cirinnà, della possibilità di adozione del figlio del convivente (ai sensi dell’art. 44 legge 184/83, quindi non legittimante) nell’ambito di una coppia gay? Tante e tali furono le polemiche che, alla fine, fu deciso di non decidere e la norma fu stralciata.

Ebbene, la giurisprudenza di merito, che già aveva dato anche prima della legge Cirinnà, chiari segnali interpretativi in senso favorevole all’adozione, ha fatto il lavoro sporco, quello che il legislatore, per mancanza di coraggio, non aveva voluto fare ed ora i risultati ai quali i giudici dei tribunali e delle corti di appello erano, almeno in gran prevalenza, pervenuti (dopo la legge Cirinnà sono note le sentenze del tribunale di Roma) sono stati per così dire legittimati dalla Suprema Corte.

 

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Infatti, con la sentenza 22 giugno 2016 n. 12962 la cassazione, valutando la legittimità della sentenza della corte di appello di Roma impugnata dal Procuratore Generale, ha stabilito che all’adozione del figlio del convivente possono accedere sia le persone singole che le coppie di fatto, senza che l’esame dei requisiti e delle condizioni imposte dalla legge possa svolgersi, anche indirettamente, attribuendo rilievo all’orientamento sessuale del richiedente ed alla natura della relazione da questi stabilita con il proprio partner.

In altre parole: è infierente che la convivenza sia tra persone dello stesso sesso.

Un grande passo avanti che colma la (voluta) lacuna della legge Cirinnà.