Da tempo conosciuto sia della giurisprudenza comunitaria che nazionale, il danno da vacanza rovinata ha recentemente trovato la sua dimensione normativa all’interno del Codice del Turismo, dove viene messo in correlazione al tempo di vacanza inutilmente trascorso e all’irripetibilità dell’occasione perduta.
Si tratta di un danno di tipo psicologico, dovuto ai mancati benefici che la vacanza avrebbe potuto apportare in termini di benessere. Nella sostanza, un minor godimento del programmato periodo di svago, acuito da un pessimo rientro alle tipiche mansioni domestiche o lavorative.
Questa voce si aggiunge ad altri pregiudizi riferibili al tour operator, che nella loro accezione patrimoniale e non patrimoniale, quale il danno alla persona, possono tutti ricollegarsi ad inadempimenti relativi al cd. “pacchetto turistico”.
Provato il contratto di viaggio e la connessione fra disagi subiti e lamentato danno, spetterà all’operatore turistico dimostrare l’inesistenza per sottrarsi al risarcimento.
Emerge cosi una responsabilità composita, sulle cui conseguenze il giudice provvede con una liquidazione parzialmente equitativa, che non considera, tuttavia, disservizi di scarsa importanza.
Volendo esemplificare, sarà possibile ottenere un risarcimento danni per mancanza di qualità delle prestazioni promesse all’interno del catalogo di viaggio, allorché le strutture recettizie presentino notevoli manchevolezze o standard sensibilmente inferiori rispetto al pattuito, specie riguardo alla sistemazione, vitto, salubrità del luogo e condizioni igieniche.