Nella separazione, il godimento della casa coniugale è assegnato dal giudice valutando prioritariamente l’interesse dei figli al mantenimento del loro ambiente di vita e sviluppo personale.
Dell’assegnazione viene poi tenuto conto nella regolamentazione dei rapporti economici fra genitori, considerando anche la limitazione dell’eventuale titolo di proprietà a discapito di uno solo di essi.
Salvi i riflessi sui contributi familiari, deve quindi sottolinearsi come le necessità di tutela minorile prevalgano sempre sulle esigenze di vita del coniuge non collocatario, fino a comportare il sacrificio del diritto di godimento della propria e unica abitazione.
Tuttavia, in presenza di alcuni presupposti, è possibile per il proprietario limitare le conseguenze pregiudizievoli dell’assegnazione a una porzione della casa familiare, mantenendo la disponibilità della restante parte.
Oltre alla sufficienza di spazi, la giurisprudenza richiede la compresenza di una soluzione che agevoli la condivisione della genitorialità e la conservazione dell’ambiente domestico del figlio, nonché l’assenza di conflittualità fra i coniugi.
La mancanza di tale condizione o il permanere di contrasti domestici potenzialmente nocivi per il processo di crescita minorile implicano per il coniuge non assegnatario la ricerca di un nuovo alloggio.