Caduta dallo scivolo, di chi è la colpa?

Interessante caso trattato dalla Cassazione, che ha chiarito uno degli aspetti dalla responsabilità genitoriale.

Un bambino di tre anni, accompagnato dai familiari, cadeva da uno scivolo di un parco giochi pubblico in orario notturno. L’area ludica risultava sconnessa, e soprattutto difettava di accorgimenti idonei ad attutire il colpo.

Il Comune, condannato al risarcimento del danno, propose ricorso sostenendo che le condizioni del terreno erano visibili e la colpa era addebitabile ai genitori, incapaci di proteggere adeguatamente il proprio figlio.

 

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Il bene pubblico aveva quindi costituito solo l’occasione, non la causa dell’incidente.

I giudici di legittimità aderiscono a tale assunto. Viene fatta leva sul concetto di prevedibilità, quale concreta possibilità di percepire o prevedere con ordinaria diligenza una situazione di pericolo. Se quest’ultima è visibile, a maggior ragione, deve esserci un più elevato grado di attenzione.

Questa attenzione connota il dovere di vigilanza sui figli, che impone la correzione di comportamenti non idonei. Un controllo particolarmente pregnante, se rapportato all’età e all’ambiente dove il minore viene lasciato libero di muoversi.

E’ per questo che, secondo la Cassazione, “un genitore (o, comunque, un adulto) che accompagna un bambino cosi piccolo, in ora notturna (e perciò priva di luce solare) in un parco giochi e gli consente di giocare su di uno scivolo ai piedi del quale c’è una buca, deve avere ben presenti i rischi che ciò comporta, non potendo poi invocare come fonte dell’altrui responsabilità, una volta che la caduta dannosa si è verificata, l’esistenza di una situazione di pericolo che egli era tenuto doverosamente a calcolare.

Se al calcolo aggiungiamo la coscienza, il responsabile è individuato!