L’imprenditore ha l’obbligo di adottare tutte quelle misure necessarie a tutelare l’integrità dei lavoratori.
Queste possono variare a seconda delle mansioni svolte dai dipendenti, ma in ogni caso devono essere garantite le migliori e più salubri condizioni che l’esperienza e la tecnica permettono per l’ambiente di lavoro.
In particolare, si devono evitare ritmi lavorativi che per intensità e sforzi incidano eccessivamente sull’integrità psicofisica del lavoratore, ed eventuali prestazioni straordinarie devono essere controbilanciate attraverso misure compensative.
Se viene provato che un danno è riconducibile all’abuso di attività lavorativa, il datore di lavoro può evitare la condanna solo dimostrando di aver adottato tutte le misure idonee ad evitarlo.
Su tali presupposti, la Cassazione ha confermato il risarcimento a favore degli eredi di un lavoratore, deceduto per un infarto causato da un lungo periodo di stress lavorativo.
Negli ultimi mesi di lavoro, l’uomo aveva dovuto operare in condizioni di straordinario disagio fisico, e l’attività lavorativa era aumentata raggiungendo ritmi insostenibili.
L’impegno nell’attività lavorativa era stato costante, con una media di circa 11 ore al giorno, alle quali si erano aggiunte le ore trascorse a lavorare sino a sera tardi in casa.
Gli svariati e complessi progetti erano stati affidati alla sua gestione diretta, senza affiancamento di collaboratori.
All’azienda, che si difendeva sostenendo che la scelta di lavorare a questi ritmi fosse dello stesso dipendente, i giudici di legittimità hanno risposto che “la responsabilità del modello organizzativo e della distribuzione del lavoro fa carico alla società, la quale non può sottrarsi agli addebiti per gli effetti lesivi della integrità fisica e morale dei lavoratori che possano derivare dalla inadeguatezza del modello adducendo l’assenza di doglianze mosse dai dipendenti o, addirittura, sostenendo di ignorare le particolari condizioni di lavoro in cui le mansioni affidate ai lavoratori vengono in concreto svolte; deve infatti presumersi, salvo prova contraria, la conoscenza, in capo all’azienda, delle modalità attraverso le quali ciascun dipendente svolge il proprio lavoro, in quanto espressione ed attuazione concreta dell’assetto organizzativo adottato dall’imprenditore con le proprie direttive e disposizioni interne.”