L’interesse dei minori sempre più rilevante nella crisi di coppia! Ma attenzione alla strumentalizzazione!
“Il giudice deve valutare qual è l’assetto di vita che meglio realizza il diritto del minore a vivere in un ambiente armonioso ed a sviluppare adeguatamente la propria personalità”.
A conferma della linea intrapresa con l’affido condiviso il nuovo art. 351 bis c.c. prevede l’ascolto del minore: “il figlio minore che abbia compiuto gli anni 12 e anche di età inferiore se capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.”
E’ questa una soluzione sempre auspicabile?
Il rischio maggiore è quello di una strumentalizzazione del minore e delle sue volontà, con una distorsione negativa nell’immagine dell’altro genitore, specie se non affidatario.
Per questo al giudice è affidato un ruolo molto delicato. Egli deve tutelare l’effettivo interesse del minore nello spirito dei principi di bigenitorialità e affidamento condiviso.
Ecco perché la volontà del minore è importante, ma non può essere vincolante per il giudice.
Il tema viene focalizzato in una recente pronuncia della giurisprudenza di merito, che ha respinto il ricorso di una madre contro l’affidamento esclusivo del figlio a vantaggio del padre. La donna lamentava come non fossero state considerate le richieste del bambino, ad essa fortemente legato e bisognoso del suo apporto e affetto.
La corte di merito osserva che l’interesse del minore, criterio guida nell’adozione dei provvedimenti che lo riguardano, non coincide necessariamente con la volontà da lui espressa.
In tema di affidamento, il giudice deve valutare qual è l’assetto di vita che meglio realizza il diritto del minore a vivere in un ambiente armonioso ed a sviluppare adeguatamente la propria personalità. Il diritto a mantenere rapporti continuativi con entrambi i genitori, non è di per sé una indicazione assoluta, così come non lo è la regola dell’affidamento condiviso, alla quale può e deve derogarsi quando esso risulti pregiudizievole per il minore. L’affidamento esclusivo, pertanto, può essere disposto quando risulti la non idoneità educativa, ovvero manifeste e rilevanti carenze dell’altro genitore, e ciò prescindendo anche da eventuali accordi sull’affidamento dei figli. Nel caso di specie il bambino, nato nel 2005, non è stato ritenuto ancora in grado di valutare adeguatamente la realtà dei fatti, poiché la madre, oltre a non contribuire al mantenimento del fanciullo, era imputata in due procedimenti penali per associazione a delinquere e spaccio di stupefacenti.
Se la volontà del minore tende a sfumare di fronte ai contemperamenti operati in ambito giudiziale, anche il suo diritto all’ascolto può soffrire di alcune eccezioni. Lo ricorda il Tribunale di Milano, che ha fatto applicazione del novellato art.371 c.c. in una questione di natura economica. Viene qui esclusa l’audizione del minore, tenendo conto della tenera età che ne sconsigliava il coinvolgimento processuale. L’ascolto appariva in contrasto col suo interesse, considerando che, peraltro, i genitori avevano già raggiunto accordi sull’esercizio della responsabilità genitoriale. Questa scelta si rinviene proprio nella recente modifica all’articolo suindicato. E’ difatti previsto che il giudice assuma, d’intesa con il tutore, i provvedimenti circa l’educazione del minore e l’amministrazione del suo patrimonio. Ebbene, pur potendo introdurre, in generale, l’obbligo di audizione del fanciullo, in questo caso il legislatore sceglie di inserire espressamente l’adempimento dell’ascolto al solo n. 1) relativo alle questioni «di vita» del minore (esistenza, studi, professione), escludendolo per gli altri che riguardano il mantenimento, l’amministrazione del patrimonio e le eventuali imprese/società.
L’audizione, insomma, è necessaria per le questioni relative alla cura della persona, e non per quelle relative alla cura del patrimonio.