Risarcimento del danno da perdita di chance

Se l’avvocato dimentica di proporre appello spetta al cliente il risarcimento del danno da perdita di chance?

La parola “chance” rimanda al concetto di aleatorietà, di incertezza. Come può, quindi, essere risarcito un danno che non è dato accertate con esattezza. In altri termini: al di fuori dei concetti noti di lucro cessante e danno emergente?

Chance significa perdita della possibilità di un incerto risultato finale? Oppure essa si concretizza in un vero e proprio “mancato guadagno” sotto forma di mancata realizzazione del risultato finale favorevole che, in assenza dell’evento lesivo, sicuramente sarebbe stato raggiunto?

La giurisprudenza oscilla tra queste due interpretazioni.

 

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Cosa succede dopo la scadenza dei termini di appello

E se l’avvocato lascia, colpevolmente, decorrere i termini per l’appello il cliente ha diritto – in ogni caso – al risarcimento del danno?

A parte il profilo deontologico, l’avvocato potrà subire un procedimento disciplinare per la sua condotta colpevolmente omissiva, il diritto del cliente al risarcimento del danno non è automatico. Il cliente dovrà fornire la prova che, se la sentenza fosse stata tempestivamente impugnata, vi erano buone possibilità di vincere la causa.

Tuttavia, tale prova, soggiace alla diversa disciplina che vige nell’ambito del diritto civile rispetto al diritto penale. Nel diritto civile, infatti, “l’imputazione del nesso causale opera anche in termini di possibilità del conseguimento di un diverso risultato…, da intendersi, rettamente, non come mancato conseguimento di un risultato soltanto possibile, bensì, come sacrificio della possibilità di conseguirlo”.

Per la liquidazione del danno la giurisprudenza (Cass., 27 maggio 2002, n. 7745) si è ormai orientata nel ritenere che vada effettuata in ragione di un criterio prognostico basato sulle concrete ragionevoli possibilità dei risultati utili assumendo, come parametro di valutazione, il vantaggio economico complessivamente realizzabile dal danneggiato, diminuito d’un coefficiente di riduzione proporzionato al grado di possibilità di conseguirlo, deducibile dagli elementi costitutivi della singola situazione giuridica dedotta. Ove il ricorso a tale criterio sia impossibile il giudice dovrà ricorrere alla valutazione equitativa.