Il primo comma dell’articolo 3 del D.L. 158/2012 convertito con modificazioni dalla L. n. 189/2012 prevede espressamente che “l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo”.
Da una prima lettura del disposto normativo è evidente come l’intenzione principale del legislatore sia quella di alleggerire la posizione dei professionisti medici, liberandoli, in sostanza, dalle continue e sempre più frequenti minacce d’aggressione, sia civile che penale, che ne limitano l’indispensabile serenità d’azione.
La riforma si pone però anche quale occasione per mettere in atto quel necessario ripensamento economico dell’intero fenomeno, principalmente nell’ottica di contenimento dei costi generali della responsabilità anche in vista della migliore messa in opera dell’obbligo assicurativo che entrerà in vigore il 13 agosto 2013, a carico dei professionisti della sanità. Obbligo assicurativo che a ben vedere mira a contemperare due esigenze solo apparentemente eccentriche tra loro: la protezione del paziente danneggiato e la tutela del patrimonio del responsabile medesimo dal rischio di una aggressione per fini risarcitori.
Il decreto in esame è però ad oggi nelle mani della Consulta, vista la questione di legittimità costituzionale sollevata con l’ordinanza del 21.03.2013 dal Tribunale di Milano, che ha ravvisato una forte equivocità della norma laddove “depenalizza la colpa lieve dei medici” senza fornire però alcun limite a tale spazio di impunibilità.
Il giudice infatti, nel giudicare circa la responsabilità del medico dovrà valutare il rispetto delle cd. “guidelines” a cui il sanitario è tenuto a sottostare nell’esercizio della propria attività; guidelines che si pongono dunque come vero e proprio elemento di discrimine tra la “colpa grave” e la “colpa lieve”.
Egli dunque dovrà accertare l’adesione alle linee guida indicate dalla giurisprudenza quale primario criterio nel novero dei criteri osservabili per valutare la bontà delle condotte dei sanitari, tuttavia dovrà altresì subordinare le medesime alla forza normativa scriminante contenuta all’interno della nozione tradizionale di “colpa grave” acquisibile direttamene dal testo novellato.
Inoltre, anche se il terzo comma dell’articolo 3 del decreto Balduzzi prevede l’applicazione, per la quantificazione del risarcimento del danno seguente a malapratice sanitaria, delle tabelle contenute nel Codice delle Assicurazioni, l’effetto della previsione normativa non potrà che essere quello di tagliare la mistura dei risarcimenti a tutt’oggi riconoscibili con evidenti effetti dissuasivi all’incardimento del contenzioso giudiziale.
Tutto ciò, indurrà sostanzialmente alla produzione di buone pratiche, di linee guida che dovranno costituire il perimetro della non punibilità entro il quale l’operatore sanitario troverà riparo venendo “graziato” dalla colpa lieve, ciò porterà però, secondo il giudice di merito, inevitabilmente ad un automatico blocco dell’evoluzione del pensiero scientifico.
Sarà pertanto interessante conoscere la valutazione che sarà offerta sul tema dalla Corte costituzionale, forse unico organo in grado di fare maggiore chiarezza in una materia tanto delicata quanto fondamentale.